lunedì 3 marzo 2008

Incipit



Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo (...) il mondo dato in blocco, senza né un prima né un poi, il mondo come memoria individuale e come potenzialità implicita (...). Ogni volta l'inizio è quel momento di distacco dalla molteplicità dei possibili: per il narratore è l'allontanare da sé la molteplicità delle storie possibili, in modo da isolare e rendere raccontabile la singola storia che ha deciso di raccontare"


A proposito dell'incipit il caro Calvino butta lì quattro parole. Fantastico.


L'incipit è l'avvio del raccontare, di qualsiasi componimento ed è un momento meraviglioso e non potrebbe essere diversamente. Pensiamo all'inzio di una qualsiasi attività, alla motivazione ed alla emozione che portiamo gettandoci a capofitto in una nuova avventura. La sensazione meravigliosa quando inizia una nuova storia d'amore.


Se l'incipit fosse…Gioia non era mai stata in una Biblioteca


Gioia faceva fatica a pronunciare correttamente il nome biblioteca. A volte le sembrava di non riuscire a pensare in maniera compiuta "B I B L I O T E C A". Pronunciare quel nome sembrava essere la prima grande sfida di questa giornata. Quel battere doppio le labbra per poi concentrarsi sulla lingua per farla appoggiare al palato. Proseguire per la lettera O e senza neppure accorgersene chiudere la pronuncia. BIBLIOTECA.


La seconda grande sfida di oggi sarebbe stata quella di varcare la soglia della biblioteca di Frittole. Le enormi porte che riflettevano infuocate il sole, sembravano ancora più grandi. Il tempio della conoscenza che giaceva davanti a lei, sembrava lasciar presagire che oltre la soglia il grande scibile umano giaceva pronto per essere consultato. L'emozione di varcare le porte di vetro le chiudeva lo stomaco. Era una sensazione che si riservava solo per le grandi occasioni, le cerimonie importanti…le prime volte della vita.


Gioia fece un lungo respiro e dentro di se trovò la forza per andare oltre. Un attimo dopo era nuovamente ferma, anche se all'interno questa volta. La forma contemplativa, sembrava oggi, essersi impossessata di lei. Il silenzio rispettoso di quel luogo sacro la investì in pieno. Si senti come al cospetto di una grande ed invisibile divinità. Fu meravigliata della grande pace e compostezza con cui l'ambiente si rivelava secondo dopo secondo. Diritto a lei si presentavano alle estremità del suo campo visivo due colonne. Oltre queste, sulla sinistra, un enorme bancone dominava l'accesso.


Una signora con occhiali tondi e la pettinatura a cipollotto, doveva essere il direttore di quella "orchestra". Tutte le persone sembravano muoversi al suono di una musica, al il ritmo di un'aria per violoncelli. La severità era il tratto che contraddistingueva primariamente la signora, che in qualche modo le ricordava Therese.


Come se i pensieri e gli sguardi di Gioia attirassero attenzione, la signora alzò la testa in direzione di Gioia e inforcando gli occhiali disse : " Ciao Gioia, ti stavo proprio aspettando…"



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