mercoledì 26 marzo 2008

danza sul mio petto - Biagio Antonacci

E ti lasci andare danzando con piccoli passi,
cammini piano sul mio fragile petto
è un sali e scendi con me
non farlo è un peccato
e danza così danza sempre più forte sul mio petto
I tuoi piedi nudi da qui
mi fanno impazzire,
le tue gambe poco più su,
l'infinito piacere
e danza così danza sempre più forte sul mio petto
è una danza che fa piovere amore
una danza che ci fa parlare senza le parole
fino a quando non arriva il sole
ma fino a quando non avrai più voglia di danzare
e poi quando arriva la pioggia
è tutto più bello
il tuo sguardo, i tuoi movimenti i tuoi lineamenti..
e danza così danza sempre più forte sul mio petto
fino a quando non arriva il sole
ma fino a quando non avrai più voglia di danzare
e danza così danza sempre più forte
sul mio petto..
sul mio petto

lunedì 24 marzo 2008

La mia ex moglie...il mio futuro marito


La contabilità della vita non si tiene come la contabilità di una società. 
In una società s.r.l. o s.a.s o qual si voglia si fa tutto con un bilancio. 
A consuntivo, preventivo o giornaliero. Tutto è abbastanza semplice, la somma delle singole poste dà il risultato. Quando il risultato coincide con la somma algebrica di quello che c’è “sopra” allora il gioco è fatto. Il mio problema è che la somma delle mie poste non da me. Forse mi mancano delle poste o non sono bravo con le somme algebriche, sta di fatto che io con questo risultato non mi riconosco. È come se il risultato (me), non corrispondesse agli elementi (la mia vita) da sommare. Giusto che i conti non tornino? Oppure sarebbe giusto il contrario? Difficile da dire con certezza. Difficile è definire il “giusto” come lo è definire il “normale”. La vita con le sue contraddizioni e incertezze va vissuta in modo moderato. Senza prenderla troppo sul serio e strizzando l’occhio al fato.
A fagiuolo riporto la prima parte di un brano che oltre ad essere ben scritto lascia spazio ai commenti più ampi.
Aspetto giudizi e varie ed eventuali….

Il titolo è :” La mia ex moglie…il mio futuro marito…

Si incontrano a una festa, dove tutti e due sono stati trascinati.
Va bene che l’elaborazione ha bisogno dei suoi tempi.. – Ha insistito con lui il fratello – Ma a un certo punto quei tempi dobbiamo essere noi ad affrettarli Lo so che dev’essere terribile, perfino io non riesco a farmene una ragione, stavate insieme dal liceo tu e Laura, era come una sorella per me. Con il suo maestro di rebirthing… Impossibile, me ne rendo conto. Ma ormai sono passati due anni. La vita continua. E il momento di darle una spinta può essere stasera.
Ma se non esci mai questo salvatore che ti cambierà la vita quando potrai conoscerlo? – Ha insistito con lei la sua amica più cara. – Mica ti piovono in casa, gli uomini. Bisogna andargli incontro. Mettiti quel vestito nero che ti lascia la schiena nuda, truccati e fatti trovare pronta per le nove.
Cominciamo a parlare più per noia che per interesse. Si ritrovano all’improvviso vicini e soli, al tavolo degli alcolici, a gestire l’imbarazzo in cui il fratello di lui e l’amica più cara di lei li hanno lasciati, cominciando a chiacchierare di tutto e di niente come se si conoscessero da sempre,e poi allontanandosi, assicurando che sarebbero tornati immediatamente, giusto il tempo per cercare un tabaccaio aperto per comprare le sigarette – le abbiamo finite tutti e due, incredibile quanto dura poco un pacchetto quando sei in buona compagnia, allora ciao, eh, torniamo subito, ciao.
Cominciano a parlare, insomma. Lei sente un po’ di freddo, d’altronde ad aprile uno non sa mai come vestirsi, dice lui, già, sospira lei, già.
Un paio di minuti rotolano via in silenzio. Durano tantissimo.
-La mia ex moglie per quanto lo detestava, il freddo, solo a giugno toglieva il piumone dal letto.- Fa lui.
-Figurati, io non vedo l’ora di incontrare la persona giusta e trasferirci insieme alle Hawaii, dove ci sono quaranta gradi per tutto l’anno.
Rotolano via altri minuti, altri silenzi. Il fratello di lui e l’amica più cara di lei non tornano. Lei prova a chiamare sul cellulare l’amica. Risponde la segreteria telefonica. Lui prova a chiamare il fratello. Il cellulare squilla a vuoto.
- Maledizione, non ho nemmeno la macchina perché dopo la separazione l’ho lasciata a mia moglie: d’altronde era il regalo di nozze che ci avevano fatto i suoi.
- Io non ho neppure la patente…Sono all’antica, sai, e sogno un uomo che magari non arriverà su un cavallo bianco, certo, ma comunque sarà lui a voler, come dire, guidare, a guidarmi, ecco, via da questo schifo di vita qui.
Chiamano un taxi.
Fanno l’amore subito, a casa di lui. Nemmeno il tempo di spogliarsi.
Lei ha trent’anni, è stat per tre volte campionessa italiana di pattinaggio artistico, insegna danza moderna, ha le ossa lunghe, gli occhi larghi e chiari, un’incredibile somiglianza con Jean Seberg.
Obiettivamente lui non è mi stato a letto con un ragazza tanto attraente.
Lui ha quarantasette anni, due lauree e tre dottorati, ha insegnato Letteratura Italiana alla Columbia, vinto un Campiello con un romanzo che ha messo d’accordo pubblico e critica, collaborato come sceneggiatore con Fellini, c’è chi sostiene che a David Linch l’idea di Mullholand Drive sia venuta dopo una discussione con lui sul senso dell’amore, del tempo, dell’amore nel tempo, e dell’esistenza in generale.
Obiettivamente lei non ha mai conosciuto un uomo tanto interessante.
Fanno l’amore ancora, quella notte. E ancora.
Verso le sei del mattino sta per chiedergli di chiamare un taxi quando lui si offre di farlo.
- Non puoi neanche immaginare cosa mi è successo. –Esordisce l’amica più cara di lei, quando verso mezzogiorno le telefona. –Scusami e scusami per averti lasciata da sola, ma sai cosa vuol dire incontrare proprio la persona che non lo sapevi ma stava cercando te? Lo sai?
- Lo sai, mi mancava da un pezzo. –Si presenta da lui in Università il fratello. –E stanotte ho capito che cos’era: mi mancava di conoscere la persona che ho conosciuto stanotte. O meglio, Di riconoscerla. Perché non è che ci siamo solo conosciuti, capisci? Io e quella donna ci siamo riconosciuti.
Passano un paio di settimane. Nessuno dei due si fa vivo con l’altro o aspetta con trepidazione che l’altro lo faccia.
Si incontrano di nuovo a cena, che la più cara amica di lei e il fratello di lui organizzano per annunciare di vivere insieme.
- Fino a un mese fa la mia vita mi sembrava finita in un vicolo cieco, e ora…
- E ora se finiremo in un vicolo cieco, almeno lo faremo insieme!
Per tutto il corso della serata la nuova coppia non fa che sfoderare e sfoderarsi a vicenda un’incontenibile felicità.
Al termine della cena lui e lei si trovano di nuovo soli….

Prima Parte

lunedì 3 marzo 2008

Incipit



Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo (...) il mondo dato in blocco, senza né un prima né un poi, il mondo come memoria individuale e come potenzialità implicita (...). Ogni volta l'inizio è quel momento di distacco dalla molteplicità dei possibili: per il narratore è l'allontanare da sé la molteplicità delle storie possibili, in modo da isolare e rendere raccontabile la singola storia che ha deciso di raccontare"


A proposito dell'incipit il caro Calvino butta lì quattro parole. Fantastico.


L'incipit è l'avvio del raccontare, di qualsiasi componimento ed è un momento meraviglioso e non potrebbe essere diversamente. Pensiamo all'inzio di una qualsiasi attività, alla motivazione ed alla emozione che portiamo gettandoci a capofitto in una nuova avventura. La sensazione meravigliosa quando inizia una nuova storia d'amore.


Se l'incipit fosse…Gioia non era mai stata in una Biblioteca


Gioia faceva fatica a pronunciare correttamente il nome biblioteca. A volte le sembrava di non riuscire a pensare in maniera compiuta "B I B L I O T E C A". Pronunciare quel nome sembrava essere la prima grande sfida di questa giornata. Quel battere doppio le labbra per poi concentrarsi sulla lingua per farla appoggiare al palato. Proseguire per la lettera O e senza neppure accorgersene chiudere la pronuncia. BIBLIOTECA.


La seconda grande sfida di oggi sarebbe stata quella di varcare la soglia della biblioteca di Frittole. Le enormi porte che riflettevano infuocate il sole, sembravano ancora più grandi. Il tempio della conoscenza che giaceva davanti a lei, sembrava lasciar presagire che oltre la soglia il grande scibile umano giaceva pronto per essere consultato. L'emozione di varcare le porte di vetro le chiudeva lo stomaco. Era una sensazione che si riservava solo per le grandi occasioni, le cerimonie importanti…le prime volte della vita.


Gioia fece un lungo respiro e dentro di se trovò la forza per andare oltre. Un attimo dopo era nuovamente ferma, anche se all'interno questa volta. La forma contemplativa, sembrava oggi, essersi impossessata di lei. Il silenzio rispettoso di quel luogo sacro la investì in pieno. Si senti come al cospetto di una grande ed invisibile divinità. Fu meravigliata della grande pace e compostezza con cui l'ambiente si rivelava secondo dopo secondo. Diritto a lei si presentavano alle estremità del suo campo visivo due colonne. Oltre queste, sulla sinistra, un enorme bancone dominava l'accesso.


Una signora con occhiali tondi e la pettinatura a cipollotto, doveva essere il direttore di quella "orchestra". Tutte le persone sembravano muoversi al suono di una musica, al il ritmo di un'aria per violoncelli. La severità era il tratto che contraddistingueva primariamente la signora, che in qualche modo le ricordava Therese.


Come se i pensieri e gli sguardi di Gioia attirassero attenzione, la signora alzò la testa in direzione di Gioia e inforcando gli occhiali disse : " Ciao Gioia, ti stavo proprio aspettando…"



domenica 2 marzo 2008

Elogio dei piedi


"Perché reggono l'intero peso

Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi

Perché riescono a correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare

Perché portano via

Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato

e chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovoa camminare in linea retta

Perché sanno saltare

e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono le ali

Perché scalzi sono belli

Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli

e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica

Perché sanno giocare con la palla

Perché sanno nuotare

Perché per qualche popolo pratico erano un'unità di misura

Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Puškin:

"Piedini piedini dove siete voi adesso?"

Perché gli antichi li amavano

e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante

Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro

o ripiegati indietro da un inginocchiatoio

Perché mai capirò come fanno a correre

contando su un appoggio solo

Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango

il croccante tip tap, la ruffiana tarantella

Perché non sanno accusare e non impugnano armi

Perché sono stati crocifissi

Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno

viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio

Perché come le capre amano il sale

Perché non hanno fretta di nascere

però poi quando arriva il punto di morire scalciano

in nome del corpo contro la morte".

Erri De Luca