giovedì 7 febbraio 2008

Storia di un ragazzo afgano



"La maggior parte annega dopo essere salita su barche stracariche, dopo aver pagato il passaggio più di un biglietto di nave da crociera. Su di loro il mare preleva una quota, una decima parte naufraga e affoga in sacrificio al dio Nettuno e a nessuno che ne porti responsabilità. Ma qualcuno muore anche via terra.Il ragazzo afgano era arrivato in Italia, ce l'aveva fatta, da solo. Nell'ultimo tratto del viaggio gli era riuscito il capolavoro di infilarsi in una nicchia sotto l'albero di trasmissione di un camion spagnolo proveniente dalla Grecia. Si era legato bene con cinghie e corde. Nessuno se ne era accorto neanche i due autisti. Gli era riuscito il capolavoro: arrivare in Italia sgusciando tra le maglie e tra le gambe dei doganieri. Aveva fatto il contrabbandiere di se stesso, viaggiando con la faccia a 30 centimetri dall'asfalto. Del resto il corpo umano è oggi la merce più redditizia da trasportare, in regime di libera circolazione delle merci ma non delle persone. Veniva dall'Afghanistan, voleva l'Italia, forse aveva qualcuno da raggiungere. La cinghia si dev' essere allentata, un pezzo di corda ha ceduto. Mentre il camion correva verso Ovest, il ragazzo ha cominciato a sfiorare il suolo italiano. Il suo corpo scivolato è stato straziato dall'attrito….Così è finita la corsa del ragazzo afghano, in una corsia di parcheggio vicina a Bertinoro. E' stato dilaniato come nella sua terra i suoi coetanei, esplosi sulle mine o sotto le bombe sapienti dell'aviazione occidentale in cerca di nemici. Si è disintegrato su una pista del nostro ovest. Non ci possiamo fare niente, né per impedirlo né per risarcirlo. Possiamo solo raccontare il coraggio, la volontà, il destino, per toglierlo dalla cronaca di un giorno e tenerlo nel pugno di memoria di una storia. Muoiono così gli uomini del secolo secondo delle grandi migrazioni, cercando un'altra terra, una mano che afferri la loro disperata. Ma non sarai l'ultimo, verranno altri ragazzi, passeranno sotto i camion, in celle frigorifere, in gusci di legno sbattuti sulle via d'acqua del Mediterraneo. Altri verranno e ce la faranno al posto tuo, in nome tuo, perché noi che vi neghiamo il passo non vi fermeremo mai"



Erri de Luca

3 commenti:

Unknown ha detto...

Grazie a donna Sofia..pozzo di scienza e grande ispirazione

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Erri De Luca... ricordo una bellissima sua poesia dal titolo "Considero valore".

Mi piace anche molto quando sei tu che scrivi di tuo pugno.

Link ricambiato con piacere Simon.
Ciao
Daniele

Arthur ha detto...

Brutta storia, non la sapevo. Amara ma significativa